L'esplorazione di Venere
Di tutti i pianeti del Sistema Solare, Venere è quello che più si avvicina alla Terra, potendo arrivare a una distanza minima di 38,9 milioni di km, contro i 56 di Marte. Ciononostante, all'inizio degli anni '60 ben poco si sapeva del pianeta che ha preso il nome della dea dell'amore. Infatti la sua superficie è perennemente ricoperta da uno strato uniforme di nubi opache alla luce.
I primi passi incerti
I Per saperne di più l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti intrapresero in concorrenza
tra loro, un ambizioso programma di esplorazione con sonde automatiche. Dopo diversi fallimenti, la sonda americana Mariner 2 fu la prima a giungere, il 14 dicembre 1962 nelle vicinanze di Venere. Questa data segna anche l'inizio dello studio diretto dei pianeti da parte di sonde spaziali. Il Mariner 2, rispetto agli standard attuali era una macchina estremamente primitiva, ma riuscendo a percorrere nello spazio 290 milioni di km in l09 giorni e a trasmettere a Terra dati importanti da una distanza di 58 milioni di km, stupi il mondo intero. Passando a 35.000 km dalla coltre di nubi venusiane, la sonda riuscì a confermare i risultati di alcune controverse misure terrestri: la superficie del pianeta doveva essere caldissima, con temperature superiori ai 400°C. Addio quindi agli oceani e alle foreste umide ipotizzate dal chimico svedese Svante Arrhenius, o ai mari di petrolio immaginati dall'astrofisico britannico Fred Hoyle: Venere era un inferno capace di fondere lo stagno e il piombo e di far bollire il mercurio. Sempre nel 1962, usando un potente radar terrestre per colpire la superficie del pianeta e studiarne l'eco riflessa, R.L. Carpenter e R.M. Goldstein ottennero un altro risultato stupefacente, poi confermato da I.Shapiro: Venere ruotava su se stesso in senso contrario a quello di quasi tutti gli altri pianeti e lo faceva con incredibile lentezza, impiegando 243,09 giorni, ovvero un periodo più lungo di quello in cui compie una rivoluzione attorno al Sole (224,7 giorni). Ma questo non era tutto: facendo un po' di conti si scopri infatti che, tra due avvicinamenti successivi alla Terra, Venere completa esattamente 5 rotazioni intorno al proprio asse, per cui ci mostra sempre la stessa faccia quando si trova alla minima distanza. La ragione di ciò è ancora ignota.
La superficie
Negli anni successivi i sovietici tentarono più volte di raggiungere la superficie del pianeta, ma poiché il progetto delle sonde era basato su una stima troppo bassa della pressione atmosferica andarono incontro a una fila di insuccessi. Il 1° marzo 1966 Venera 3 fu la prima sonda inviata dall'uomo a penetrare la coltre di nubi, ma non trasmise alcun segnale. Il 18 ottobre 1967 Venera 4 trasmise dati sull'atmosfera per 94 minuri durante la discesa, prima di essere schiacciata dall'enorme pressione alla quota di 27 km. Una sorte analoga toccò alle sonde Venera 5 e 6 per cui bisognò attendere il 15 dicembre 1970 perché una stazione automatica (Venera 7) riuscisse a toccare la superficie di Venere inviando dati per 23 minuti. Un'impresa analoga venne ripetuta dalla Venera 8 il 22 luglio 1972: sopravvisse all'atterraggio per 50 minuti, misurando anche il livello di illuminazione, paragonato a quello che si può avere sulla Terra poco prima dell'alba. Così, quando nell'ottobre 1975 le sonde Venera 9 e 10 atterrarono nella regione Beta, una zona elevata circa 30° a nord dell'equatore, erano attrezzate con potenti fotoelettriche per illuminare il paesaggio circosrante e riprendere le prime immaaini della superficie di un altro pianeta. Però gli scienziati sovietici non avevano tenuto conto che Venera 8 era atterrava con il Sole basso sull'orizzonte, mentre le nuove sonde avevano raggiunto il suolo in pieno giorno. Di fatto la luminosità risultò paragonabile a quella di Mosca a mezzogiorno di una giornata nuvolosa d'inverno, cosicché le panoramiche dei luoghi di approdo furono riprese senza ricorrere all'illuminazione artificiale.
Il volto del pianeta
Negli anni successivi i sovietici fecero atterrare altre 6 stazioni automatiche, ottenendo immagini a colori e misurando la composizione del suolo. A causa della densa atmosfera, il paesaggio di Venere da una monotona tinta arancione-rossastra, anche se appare geologicamente vario. Altre missioni, in particolare le americane Mariner 5 e 1O e Pioneer Venus 1 e 2, nonché le sovietiche Vega 1 e 2, vennero dedicate principalmente allo studio dell'atmosfera. Queste ultime liberarono durante la discesa 2 palloni sonda che, trasportavi dai venti per oltre 11.000 km, trasmisero dati per un paio di giorni. Ma l'obiettivo più importante era quello di determinare la topografla del pianeta, celata dalle nubi. Non potendo ricorrere alle telecamere ci si affidò ai radar, prima basati a Terra poi montati direttamente su sonde spaziali inserire in orbita attorno a Venere. Il Pioneer Venus 1, in orbita dal 4 dicembre 1978, ottenne la prima mappa altimetrica del pianeta con l'eccezione delle regioni polari. Cinque anni più tardi due veicoli sovietici (Venera 15 e 16) ripresero immagini radar del 25% della superficie con una risoluzione di alcuni km. Ormai i tempi erano maturi per un impresa più ambiziosa: la Magellan, che sta operando in questi mesi.
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